domenica 17 agosto 2014

Intervista a Antonio Pantaleoni e Fabrizio Rigante

Buongiorno carissimi lettori e buona domenica! Oggi vi proponiamo un'intervista fatta a due giovani autori esordienti che ci presentano il loro romanzo ancora inedito a causa della mancanza di un editore!

REBIRTH

AUTORE: Antonio Pantaleoni e Fabrizio Rigante
PAGINE: 352
PREZZO CARTACEO: 20,00
PREZZO EBOOK: Gratuito

Armi. Qualcuno di voi ha mai sentito questa parola? Guerra. Qualcuno sa dirmi il significato di questo termine? Dopo la Terza Apocalisse Michael Goodman e Ramon Farmer si preparano in vista delle imminenti elezioni: da sempre le loro famiglie si sono spartite il potere alla pari. Ma questa volta Goodman ha un asso nascosto nella manica. Si chiama "The Last War" ed è un reality. Un reality dove per la prima volta l'intera umanità potrà conoscere il misterioso significato della guerra, quella che distrugge e che genera violenza. Nessun calcolo può essere sbagliato. Ma una minaccia oscura è pronta a rinascere.Nessuno dei vostri risvegli è mai stato così tremendo.


Il libro può essere scaricato gratuitamente: QUI

Ciao a entrambi e benvenuti nel nostro angolo virtuale! Presentatevi..  
Abbiamo entrambi già scritto altri libri. Antonio ha scritto sceneggiature, mentre Fabrizio ha scritto romanzi e racconti. Entrambi abbiamo sempre preferito il taglio americano a quello italiano. Ci siamo nutriti di film americani, di serie televisive americane e di romanzi americani, ecco perché abbiamo scelto un soggetto poco italiano. È una scelta coraggiosa ma è anche una scelta che ci stimolava di più.

Come è nata l'idea di questo libro?
L’idea è nata per caso, quando ci siamo messi a parlare del più e del meno. All’inizio avevamo pensato a una sceneggiatura ma poi ci siamo orientati sul romanzo perché è un genere più vendibile. Il romanzo, rispetto alla sceneggiatura, è meno schematico e permette più libertà anche stilistiche. La prima impressione che dà il plot è che Hunger Games sia stata una fonte di ispirazione, e per sommi capi lo è, anche se in comune c’è solamente il reality. Un’altra fonte è stata La svastica sul Sole di Philip Dick, ma poi, volendo, si potrebbero leggere dei riferimenti a molti altri romanzi o film.

L'esperienza di scrivere un libro in due: avete mai avuto divergenze?
Divergenze vere e proprie ci sono state solo durante la revisione, sulla scelta tra un taglio più fantascientifico e uno più da fanta-thriller. Alla fine l’ha spuntata il secondo perché sulla fantascienza ci sono ancora troppi pregiudizi. Il problema è che in Italia la fantascienza è un genere troppo di nicchia: a parte Valerio Evangelisti, Licia Troisi e forse qualche altro autore pubblicato da Urania Mondadori, nessuno tratta un genere considerato troppo americano e che la critica italiana spesso ha bollato come letteratura di serie B. Eliminando ogni riferimento fantascientifico – che comunque qua e là è rimasto, visto che il romanzo è ambientato in un mondo post-apocalittico – la lettura risulterebbe meno ostica anche a chi si lascia frenare dal genere. Durante la stesura ci sentivamo ogni giorno per confrontarci sulla struttura narrativa ma soprattutto sui personaggi. Ogni personaggi andava seguito e andava trattato allo stesso modo degli altri. In effetti non c’è un protagonista e non ci sono né buoni né cattivi. Proprio questo è l’elemento che più ci affascinava: creare dei personaggi al di sopra del bene e del male, in cui il lettore non avrebbe mai saputo se identificarsi, un po’ quello che succede quando leggi Delitto e castigo.
Sempre durante la stesura, ci vedevamo per elaborare la scaletta. Alcune idee erano già molto chiare – come il finale – ma quello che non sapevamo era come saremmo arrivati a quel punto. Un’idea tirava l’altra e alcune sono nate solamente scrivendo. Conoscevamo il punto d’arrivo, il traguardo, senza conoscere però il percorso con cui l’avremmo raggiunto.

Quali e quanti problemi avete riscontrato nell'ambito editoriale? Volete fare un appello?
Il problema dell’editoria italiana è sempre lo stesso già da un po’ di anni: i grandi editori dominano il mercato e vendono molto perché godono della pubblicità e di ampi spazi nelle librerie. Un manoscritto inviato a un grande editore, a meno che non sia un marchio di vendibilità garantita, finisce nel marasma di tanti altri manoscritti – la maggior parte di medio-basso valore – inviati da tutti gli aspiranti scrittori che credono di aver scritto un capolavoro. Se dall’altro lato è vero che ci sono i piccoli e i medi editori ad aiutare gli esordienti, è altrettanto vero che spesso chiedono la pubblicazione a pagamento. Purtroppo l’editoria è uno dei tanti settori che ha subito gli effetti della crisi economica: gli scrittori ci sono, ma i lettori sono sempre di meno e le statistiche su quanti italiani leggono più di un libro all’anno sono sconfortanti. È per questo che molti editori non vogliono più investire sugli esordienti e sono quasi obbligati a chiedere il contributo. Non ha molto senso, perché per definizione l’editore è un imprenditore, ma con le pubblicazioni a pagamento si trasforma in niente altro che un tipografo. Ecco perché molte case editrici sono digitali fin dalla nascita: il digitale garantisce una drastica riduzione dei costi e per l’editore questo è un traguardo importantissimo.
La soluzione, per gli esordienti, è farsi strada con il self-publishing, come nel caso de ilmiolibro, il più importante in Italia. In questo modo, però, l’autore deve essere un tuttofare: deve essere anche redattore, editore ma soprattutto promotore di un libro che, senza pubblicità, sarebbe sconosciuto.

Ringraziamo i nostri due autori esordienti e speriamo che qualche editore risponda al loro appello! 
Buona fortuna ragazzi!

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